Matrimoni in ripresa ma sotto il 2019, unioni civili in crescita

Matrimoni in ripresa ma sotto il 2019, unioni civili in crescita
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Grazie ai dati elaborati e forniti da Istat

Nel 2021 sono stati celebrati in Italia 180.416 matrimoni, l’86,3% in più rispetto al 2020, anno in cui, a causa della crisi pandemica, molte coppie avevano rinviato le nozze. L’aumento non è stato però sufficiente a recuperare quanto perso nell’anno precedente (la variazione rispetto al 2019 è infatti pari a -2,0%).

Liguria prima nei matrimoni con uno sposo in seconde nozze

I matrimoni religiosi, quasi triplicati rispetto al 2020, sono in calo (-5,1%) rispetto al periodo pre-pandemico.

Nei primi nove mesi del 2022 i dati provvisori indicano un lieve aumento dei matrimoni (+4,8% rispetto allo stesso periodo del 2021) dovuto esclusivamente alla crescita dei matrimoni civili (+10,8%).

Crescono in misura marcata (+32,0%) le unioni civili

In aumento anche le seconde nozze

L’aumento dell’instabilità coniugale contribuisce alla diffusione delle seconde nozze e delle famiglie composte da almeno una persona che abbia vissuto una precedente esperienza matrimoniale, fenomeno che genera nuove tipologie familiari. Al tendenziale aumento di questa tipologia di matrimoni, registrato soprattutto nel biennio 2015-2016 come conseguenza dell’introduzione nel 2015 del “divorzio breve”, ha fatto seguito una progressiva stabilizzazione.

La pandemia ha colpito in maniera meno pesante i secondi matrimoni (-28,6% nel 2020 rispetto al 2019), cosicché la loro successiva ripresa, pur meno incisiva rispetto ai primi matrimoni, è tale da superare i livelli del 2019 (38.022 nel 2021, +0,2%).

In base allo stato civile degli sposi, la tipologia più frequente tra i matrimoni successivi al primo è quella in cui lo sposo è divorziato e la sposa è nubile (sono 12.444, il 6,9% dei matrimoni celebrati nel 2021); seguono le celebrazioni in cui entrambi gli sposi sono divorziati (6,3%) e quelle in cui la sposa è divorziata e lo sposo è celibe (5,7%).

I matrimoni successivi al primo sono più diffusi nei territori in cui si registrano i tassi di divorzio più elevati, ovvero nelle regioni del Nord e del Centro. Le percentuali più alte di matrimoni con almeno uno sposo alle seconde nozze sul totale delle celebrazioni si osservano in Liguria (36,1%) e Friuli-Venezia Giulia (32,5%). Le incidenze più basse si rilevano, invece, in Basilicata (8,0%) e Calabria (8,6%).

Matrimoni 3 unioni civili separazioni e divorzi

Ancora in diminuzione la nuzialità tra i giovani

Il mutamento nei modelli culturali, nonché l’effetto di molteplici fattori quali l’aumento diffuso della scolarizzazione e l’allungamento dei tempi formativi, le difficoltà nell’ingresso nel mondo del lavoro e la condizione di precarietà del lavoro stesso hanno comportato, negli anni, una progressiva posticipazione del calendario di uscita dalla famiglia di origine. In meno di 20 anni la quota di giovani che resta nella famiglia di origine fino alla soglia dei 35 anni è cresciuta di quasi tre punti percentuali.

Questa protratta permanenza comporta anche un effetto diretto sul rinvio delle prime nozze. Tale effetto si amplifica nei periodi di congiuntura economica sfavorevole spingendo i giovani a ritardare ulteriormente, rispetto alle generazioni precedenti, le tappe dei percorsi verso la vita adulta, tra cui quella della formazione di una famiglia. Sul posticipo del primo matrimonio incide anche la diffusione delle convivenze prematrimoniali.

Unioni civili più diffuse nel Nord-ovest

Il 5 giugno 2016 è entrata in vigore la legge che ha introdotto in Italia l’istituto dell’unione civile tra persone dello stesso sesso. Nel corso del secondo semestre 2016 si sono costituite 2336 unioni civili, un numero particolarmente consistente che ha riguardato coppie da tempo in attesa di ufficializzare il proprio legame affettivo. Al boom iniziale ha fatto poi seguito una progressiva stabilizzazione.

Nel 2021 sono state costituite 2148 unioni civili tra coppie dello stesso sesso presso gli Uffici di Stato Civile dei Comuni italiani, che con un aumento del 39,6% rispetto al 2020 (anno di generale contrazione) tornano sostanzialmente ai livelli del 2019 (2297 unioni civili).

Il 34,5% delle unioni civili è nel Nord-ovest, seguito dal Centro (27,2%). Tra le regioni in testa si posiziona la Lombardia con il 21,8%; seguono Lazio (13,8%) ed Emilia-Romagna (10,1%). Considerando i tassi per 100mila residenti, la Toscana si colloca al primo posto (5,6 per 100mila) seguita dal Lazio (5,2) e dalla Lombardia (5,0).

Emerge con particolare evidenza il ruolo attrattivo di alcune metropoli. Nel 2021 l’8,5% delle unioni civili si è costituito nel comune di Roma e il 6,6% in quello di Milano.

Si conferma anche nel 2021 la prevalenza di unioni tra uomini (1.225 unioni, il 57% del totale), pur se in diminuzione rispetto sia all’anno precedente (62,4%) sia all’anno pre-pandemico (62,2%). La ripartizione con la più alta incidenza delle unioni tra uomini è il Sud (59,3%) mentre tra le regioni spicca l’Umbria (68,6%).

Età più matura per chi si unisce civilmente

Fino al 2019 la distribuzione per età degli uniti civilmente evidenziava un progressivo “ringiovanimento” rispetto al biennio 2016-2017. L’introduzione nel nostro ordinamento di questo istituto giuridico, infatti, ha consentito inizialmente a coppie anche in età più avanzata – che da tempo aspettavano tale possibilità – di ufficializzare la propria famiglia e da qui il profilo più maturo che ha contraddistinto questa prima fase (con un’età media degli uomini superiore ai 49 anni e delle donne intorno ai 46 anni). Negli anni a seguire il profilo per età delle unioni si è progressivamente ringiovanito (nel 2019 l’età media degli uomini era 44,5 anni e delle donne 39,6).

Nell’anno della pandemia, tuttavia, l’età media all’unione civile cresce in misura eccezionale: 47,2 anni per gli uomini (+2,7 anni) e 41,8 per le donne (+2,2 anni). Nel 2021 si contrae nuovamente: quasi un anno in meno per gli uomini e oltre due anni per le donne, arrivando rispettivamente a 46,4 e 39,4 anni.

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Instabilità coniugale ai livelli pre-pandemia

La tendenza dei divorzi è stata sempre crescente dal 1970 (anno di introduzione del divorzio nell’ordinamento italiano) fino al 2015, anno in cui il numero di divorzi ha subito una forte impennata (+57,5% in un solo anno). Tale aumento è da mettere in relazione all’entrata in vigore di due importanti leggi che hanno modificato la disciplina dello scioglimento e della cessazione degli effetti civili del matrimonio: il Decreto legge 132/2014, che ha introdotto le procedure consensuali extragiudiziali (quindi presso gli Uffici di Stato Civile o tramite negoziazioni assistite da avvocati senza più il ricorso ai Tribunali) e soprattutto la Legge 55/2015 (c.d. “Divorzio breve”) che ha fortemente ridotto l’intervallo di tempo tra separazione e divorzio (dodici mesi per le separazioni giudiziali e sei mesi per quelle consensuali) determinando un vero boom dei divorzi.

La procedura che si perfeziona direttamente presso gli Uffici di Stato Civile (ex art.12), introdotta dal D.l.132/2014, è preclusa in caso di presenza di figli minori o anche maggiorenni economicamente non autosufficienti. I figli minori sono più coinvolti nelle separazioni rispetto ai divorzi per via della struttura per età più giovane di chi si separa, di conseguenza il ricorso alla procedura ex art. 12 è più frequente nei divorzi.

I suddetti provvedimenti, oltre all’effetto diretto sull’aumento delle separazioni e soprattutto dei divorzi, hanno innescato indirettamente una crescita delle seconde nozze, in particolare nel biennio 2015-2016.

Dopo l’aumento registrato tra il 2015 e il 2016 (da 91.706 a 99.611; +8,6%), le separazioni hanno mantenuto uno stesso livello con piccole oscillazioni fino al 2019. Ma anche l’andamento dell’instabilità coniugale ha subito l’impatto della pandemia, soprattutto nel periodo delle chiusure degli uffici e delle restrizioni alla mobilità. In particolare, nel caso dei provvedimenti presso i Tribunali, la conclusione dei procedimenti del 2020 e del 2021 ha riguardato separazioni e divorzi iniziati negli anni precedenti.

Nel 2021, le separazioni sono state complessivamente 97.913 (+22,5% rispetto all’anno precedente), tornando esattamente ai livelli pre-pandemici. Nello stesso anno i divorzi sono stati 83.192, il 24,8% in più rispetto al 2020 e il 16,0% in meno nel confronto con il 2016, anno in cui i divorzi sono stati finora più numerosi (99.071).

La composizione tra separazioni/divorzi consensuali e giudiziali, nel 2021, risulta pressoché invariata rispetto all’anno precedente. L’85,5% delle separazioni si è concluso consensualmente (percentuale rimasta pressoché stabile nell’ultimo decennio). Più contenuta è la quota di divorzi consensuali (70,9%) ma sostanzialmente in linea con l’anno precedente (71,7%). Dopo il picco del 2016 (78,2%) la proporzione di divorzi consensuali decresce per tornare in prossimità del valore di inizio decennio (72,4% nel 2010).

 

G. D.