Eredità del Covid: mancate prestazioni sanitarie per altre patologie

Eredità del Covid: mancate prestazioni sanitarie per altre patologie
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Sono ancora da recuperare le prestazioni del 2020, Regioni in ritardo

Il dopo Covid – Un interessante seminario si è svolto ieri a Roma, presso la sala del Museo Ninfeo, dal titolo “Il Ssn di fronte al tema del recupero prestazionale” promosso dall’Osservatorio Salute Previdenza e Legalità Eurispes-Enpam.

Infatti, la fine della pandemia ha lasciato spazio ad un’altra emergenza: quella generata dalle mancate prestazioni sanitarie per tutte le altre patologie, con particolare riferimento a quelle più gravi.

«L’Osservatorio sta lavorando con un gruppo di studio composto da importanti esponenti del mondo clinico, con l’obiettivo di contribuire a identificare ed elaborare concrete proposte per affrontare il tema del recupero prestazionale per le patologie non Covid – ha commentato il presidente Eurispes, Gian Maria Fara -.

L’iniziativa si caratterizza per la presenza, allo stesso tavolo, di rappresentati del mondo ospedaliero e della medicina di territorio. Grazie al seminario di oggi, l’Osservatorio intende porre attenzione sull’impatto di questo fenomeno sul Sistema sanitario nazionale e soprattutto sul mancato diritto alla salute dei cittadini che rischia ulteriormente di acuirsi».

«Al suo scoppio, la questione Covid ha messo in secondo piano qualsiasi altra attività legata all’assistenza sanitaria – ha dichiarato Alberto Oliveti, presidente Enpam -. Questa sconvolgente esperienza mondiale deve servire da utile lezione, perché le zoonosi non sono certamente finite. Nel nostro Paese i difetti di programmazione e di sottofinanziamento restano, e vengono ora amplificati dall’esigenza di tornare quanto prima all’assistenza “ordinaria”, che nel frattempo è purtroppo rimasta pesantemente indietro.

Ci vogliono soldi e personale, che mancano. Si può tentare di ovviare a queste carenze solo se Stato e Regioni adotteranno una strategia unitaria. Serve incentivare e rendere strutturale l’integrazione lavorativa tra professionisti della salute, cercando di adottare le migliori tecnologie oggi disponibili anche per farli comunicare tra loro in modo efficiente. Vanno inoltre individuate priorità assistenziali e di screening – ha concluso Oliveti – che sia possibile garantire con la massima uniformità possibile sul territorio nazionale».

Il nuovo Governo dovrà ora recuperare le prestazioni perdute e ripristinare il normale flusso dell’attività del Ssn, certo una delle sfide più importanti. Queste, in sintesi, le proposte avanzate dall’Osservatorio Salute Previdenza e Legalità Eurispes-Enpam:

  • incentivare una maggiore reattività delle Aziende sanitarie nel bed management nel liberare spazi, strumentazioni e sale operatorie, con specifiche linee guida del Ministero e con una concreta azione di controllo degli assessorati regionali, pur nel rispetto delle autonomie aziendali;
  • recuperare, per le attività ordinarie, la disponibilità di infermieri e assistenti sanitari e stabilire un piano straordinario impostato centralmente e gestito a livello regionale con il coinvolgimento strutturale della sanità convenzionata e accreditata in un’opera coordinata di recupero per lo screening e la diagnostica.

La mobilitazione straordinaria della medicina generale per la compilazione di liste ed elenchi di priorità diagnostiche dei rispettivi assistiti, risulta fondamentale, al pari di provvedere alla dotazione tecnologica degli studi dei medici di medicina generale secondo la Legge di stabilità del 2020, per renderli più performanti.

Inoltre, suggerisce il varo di una campagna di comunicazione istituzionale da parte del Ministero (ripresa sui mezzi locali dalle Regioni) che segnali la necessità/opportunità di tornare ad effettuare controlli medici periodici.

«Le liste di attesa – ha sottolineato Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, nel suo intervento – si allungano per varie ragioni. Innanzitutto, molte richieste di visite specialistiche e di esami diagnostici sono inappropriate, sia per la domanda dei pazienti sia per l’induzione da parte degli specialisti. In secondo luogo, l’offerta di prestazioni, oltre a non essere trasparente, poggia spesso su modalità di interazione pubblico-privato che finiscono per privilegiare sempre più l’offerta privata indebolendo quella pubblica.

Infine, oggi esiste un reale problema di personale sanitario: infatti, nonostante le risorse stanziate dallo Stato (quasi 1 miliardo di euro), nessuna Regione è ancora riuscita a recuperare le prestazioni del 2020, tanto che la possibilità di utilizzo dei fondi è stata prorogata al 31 dicembre 2023. In sostanza, non esiste una “ricetta magica” per risolvere il problema, ma è necessaria una strategia multifattoriale che includa interventi finalizzati sia a ridurre l’inappropriatezza, sia a potenziare l’offerta di prestazioni appropriate».

«Molte delle prestazioni non erogate sono ormai irrecuperabili ed hanno purtroppo già mietuto numerose vittime durante la fase più acuta del Covid, in termini di eccesso di mortalità per le patologie cardiovascolari tempo dipendenti – spiega Francesco Cognetti, presidente della Confederazione Oncologi, Cardiologi, Ematologi (Foce) -. Per quelle oncologiche i mancati o ritardati interventi chirurgici e la perdita di milioni di esami di screening hanno già realizzato l’osservazione di tumori più avanzati al momento della diagnosi e fra mesi o anni purtroppo realizzeranno un eccesso di mortalità per queste patologie, le cui dimensioni non sono al momento calcolabili.

I dati pubblicati da Agenas relativi al 2021, con riferimento agli interventi chirurgici eseguiti per le prime cinque patologie oncologiche per incidenza, rilevano che solo 10 Regioni italiane hanno proprie istituzioni ospedaliere incluse tra le prime dieci posizioni per volume di casi operati. Si evidenzia, dunque, una distribuzione disomogenea degli ospedali con competenze maggiori sui pazienti affetti da patologie oncologiche e ciò sarà di grande ostacolo al raggiungimento di standard omogenei su tutto il territorio nazionale».

«Ci troviamo oggi ad inseguire il mito delle liste di attesa: queste erano già lunghe prima della Pandemia, poi si sono bloccate per riprendere lentamente nel periodo dopo la chiusura con un ritmo insufficiente diventando adesso il “vero” problema dell’attuale Ssn – conclude Filippo La Torre, professore di Chirurgia generale Università Sapienza di Roma -.

Tra le possibili soluzioni per affrontare il problema: un largo piano di assunzioni e, soprattutto, un rinnovo dei contratti di tutto il personale sanitario pubblico e un piano di investimenti volto al rinnovo delle strutture oggi obsolete e fatiscenti. Insieme a questi due aspetti vanno considerati: il coinvolgimento del privato convenzionato per coprire i tempi ed i modi del rinnovo del Ssn; una ristrutturazione del sistema della Urgenza/Emergenza; la presenza di medici di famiglia ed ambulatori territoriali gestiti in modo da ridurre gli accessi incongrui in ospedale».

Un dopo Covid tutt’altro che facile.

 

G. D.