Troppe aggressioni agli infermieri, oltre il 72% alle donne

Troppe aggressioni agli infermieri, oltre il 72% alle donne
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I commenti del presidente dell’Albo, della Lega e Partito Democratico in consiglio regionale ligure

Aggressioni infermieri

– La Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche (Fnopi), ha effettuato uno studio su di un campione di iscritti all’Albo che è stata presentata al Ministero della Salute.

Il dato più evidente è che a subire aggressioni sono soprattutto donne, in reparti a rischio come il pronto soccorso.

Donna (in oltre il 72% dei casi), tra i 30 e i 40 anni (oltre un terzo), che opera nel servizio pubblico (quasi nel 90% dei casi) e soprattutto in pronto soccorso (42%): questo l’identikit degli infermieri che di più subiscono aggressioni sul luogo di lavoro.

Nel campione che ha partecipato al sondaggio, gli infermieri che hanno dichiarato aggressioni durante l’anno appena trascorso sono il 40,2%: dato in aumento rispetto allo scenario emerso dall’analisi svolta dalla Federazione in occasione dello studio Cease-It del 2021-2022, quando le otto università che hanno analizzato la situazione avevano rilevato un 32,3% di infermieri aggrediti.

Rispetto ai casi denunciati all’Inail (che rileva solo i casi in cui interviene l’azione assicurativa e che comunque sottolinea un’incidenza delle violenze del 33% circa sugli infermieri), i numeri appaiono molto più alti anche a quelli evidenziati dalle Regioni. Infatti, spesso gli infermieri non denunciano o evidenziano i casi di violenza.

Chi non l’ha fatto si è comportato così perché, nel 67% dei casi, ha ritenuto che le condizioni dell’assistito e/o del suo accompagnatore fossero causa dell’episodio di violenza, nel 20% era convinto che tanto non avrebbe ricevuto nessuna risposta da parte dell’organizzazione in cui lavora, il 19% riteneva che il rischio sia una caratteristica attesa/accettata del lavoro e il 14% non lo ha fatto perché si sente in grado di gestire efficacemente questi episodi, senza doverli riferire.

Nel 2023, il numero delle violenze (verbali o fisiche) che gli infermieri aggrediti hanno dichiarato è di media oltre 10-12 ciascuno nel corso di un anno solare, con le dovute differenze legate soprattutto al territorio e al reparto dove il professionista svolge la sua attività: il 44% ha subito da 4 a 10 aggressioni, il 55% da 11 a 20 e l’1% oltre 20 aggressioni in un anno.

“Il vissuto di un infermiere, di un professionista che in qualche modo è aggredito – ha affermato Barbara Mangiacavalli, presidente Fnopi – è un vissuto che fa fatica ad essere elaborato. Ci sono studi internazionali che ci parlano di episodi di burnout, stress, disaffezione, tanto è vero che in questi anni si registrano molti casi di abbandono delle professioni di cura e assistenza.

L’aggressione è l’effetto di una serie di cause anche importanti che affondano le radici in diversi contesti, tra cui i modelli organizzativi e alcune mancate risposte che i cittadini patiscono, anche se non soprattutto, per la ormai cronica carenza di personale, che peggiora una situazione di disagio organizzativo e di stress lavorativo.

I bisogni dei cittadini spesso non vengono convogliati verso i luoghi più adeguati. Ad esempio, molti accessi al pronto soccorso non sono legati a situazioni di criticità vitali. Emergono invece bisogni di ascolto, necessità di presa in carico di situazioni complesse, che sfiorano la sfera socioassistenziale. Si aspettano quindi una risposta da un servizio, da una struttura, che spesso non è quella corretta. Occorre quindi investire – conclude Mangiacavalli – affinché vi siano servizi territoriali sempre più capillari e conosciuti”.

Anche il consigliere regionale della Lega e presidente della II commissione Salute e Sicurezza sociale Brunello Brunetto è intervenuto sull’argomento, così come il segretario del PD Liguria Davide Natale.

“È inaccettabile che in un Paese civile possano essere aggrediti, continuamente, degli operatori sanitari mentre svolgono il loro lavoro al servizio di tutti, in particolare nei reparti di Pronto soccorso – lamenta Brunetto -.

Purtroppo, anche in Liguria, dopo la pandemia da coronavirus, sembra che siano passati da ‘eroi’ a bersagli indifesi, in prima linea, nel mirino di violenti e sbandati. L’ultimo episodio di violenza è stato quello registrato al Galliera di Genova, dove una paziente che pretendeva di saltare la fila ha aggredito tre infermieri del Pronto soccorso.

In Italia vengono denunciati circa 3.000 casi di minacce e aggressioni, spesso violente. La Liguria risulta tra le regioni più colpite, dopo Lombardia ed Emilia-Romagna, registrando 331 casi di aggressioni fisiche o verbali nei soli primi 6 mesi del 2023. In sintesi, si registrano due aggressioni al giorno ai danni di operatori sanitari liguri, in particolare donne che finiscono nel mirino di violenti o persone socialmente pericolose.

Bisogna cambiare rotta e occorre particolare tutela del personale sanitario perché svolge un servizio essenziale per tutti. In tal senso, auspico che venga destinato – conclude il consigliere – ulteriore personale delle Forze dell’ordine a difesa dei lavoratori dei presidi ospedalieri in prima linea nel nostro territorio”.

“I numeri sulle aggressioni al personale sanitario e sociosanitario pubblicati da ordini e organizzazioni sindacali obbligano a intervenire – commenta Natale -. La Giornata nazionale di educazione e prevenzione di fronte a questi numeri assume un significato maggiore: la violenza nei confronti degli operatori sanitari è inaccettabile, il rispetto nei confronti del personale è indispensabile ed essenziale.

Le quotidiane aggressioni che si registrano nei diversi presidi ospedalieri sono da condannare con forza. Manifestiamo la nostra vicinanza e solidarietà a chi subisce aggressioni e vessazioni e nel contempo chiediamo che tutti i professionisti vengano messi nelle condizioni di operare in sicurezza e tranquillità, per questo serve incrementare i finanziamenti alla sanità pubblica per migliorare l’organizzazione del Sistema sanitario”.

 

G. D.