Suicidio in carcere a Chiavari, Sappe: “Sconfitta per lo Stato”

Suicidio in carcere a Chiavari, Sappe: “Sconfitta per lo Stato”
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Appello del sindacato Polizia Penitenziaria alla politica per riformare la legge penitenziaria

Chiavari suicidio – Ieri un detenuto di 39 anni si è impiccato nel carcere di Chiavari, si tratta della terza morte in un penitenziario in pochi giorni dopo Terni e Pescara.

“Un uomo che perde la vita durante la detenzione è sempre una sconfitta per lo Stato – commenta Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe -, e questo nonostante il personale abbia fatto di tutto per evitarlo.

L’uomo si è impiccato in cella. La situazione penitenziaria ligure è purtroppo sempre ad alta tensione. E Chiavari paga lo scotto di non avere più un proprio Provveditorato nella Regione ma dipende da un Ufficio che è ben distante (Torino), facendo così venire meno un punto di riferimento certo dell’Amministrazione Penitenziaria a Genova in grado di gestire autonomamente le criticità regionali.

Come sapete, abbiamo sempre detto che la morte di un detenuto è sempre una sconfitta per lo Stato – prosegue amareggiato Capece -.

La via più netta e radicale per eliminare tutti questi disagi sarebbe quella di un ripensamento complessivo della funzione della pena e, al suo interno, del ruolo del carcere.  Il personale di Polizia Penitenziaria è stremato dai logoranti ritmi di lavoro a causa delle violente e continue aggressioni e situazioni ad altissima tensione.

Sono decenni che chiediamo l’espulsione dei detenuti stranieri, un terzo degli attuali presenti in Italia, per fare scontare loro, nelle loro carceri, le pene come anche prevedere la riapertura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari dove mettere i detenuti con problemi psichiatrici, sempre più numerosi, oggi presenti nel circuito detentivo ordinario.

Ma servono anche più tecnologia e più investimenti: la situazione resta allarmante, anche se gli uomini e le donne della Polizia Penitenziaria garantiscono ordine e sicurezza – conclude il segretario – pur a fronte di condizioni di lavoro particolarmente stressanti e gravose”.

 

G. D.