Gigi Riva, un esempio d’altri tempi, che il calcio italiano non merita più

Gigi Riva, un esempio d’altri tempi, che il calcio italiano non merita più
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Una morte che fa pensare molto sul mondo del calcio di oggi

Gigi Riva – Rombo di tuono, così come lo aveva soprannominato quell’artista di Gianni Brera dopo un Inter – Cagliari finita 1 a 3 (25 ottobre 1970, con il Cagliari che esibiva lo scudetto sul petto)) con due goals appunto di Gigi Riva, faceva sentire la sua voce su tutti i campi da calcio, ma nella vita era una persona mite e riservata.

Una vita difficile. Ha perso il papà e la mamma giovanissimo e ha trascorso l’adolescenza in collegio e lavorando. Una passione per il calcio e un talento cresciuto all’oratorio e sui prati (a piedi scalzi per non rovinare le scarpe) del Varesotto: oggi sarebbe impensabile che uno cresciuto negli oratori a tirare calci ad un pallone arrivi ai vertici della Serie A.

Oggi ci vogliono allenatori, preparatori, team manager e procuratori (e poi i giocatori magari si perdono nel giro delle scommesse e della ludopatia). Dai prati al Legnano, dove, a dire di Gigi Riva stesso, non si era mai divertito tanto. Dal Legnano alla Serie A con il Cagliari (Cagliari aveva come base sul continente proprio Legnano), dove è diventato un eroe e il simbolo del riscatto degli isolani con la vittoria dello scudetto del 1970. Capocannoniere ancora oggi della Nazionale con 35 gol in 42 partite con un Europeo vinto e una finale nei mondiali.

Una vita al Cagliari. Nonostante fosse stato corteggiato dalle grandi Juventus, Milan e Inter, non ha mai avuto lasciare il Cagliari. Ricky Albertosi, allora portiere dei rossoblu, in questi giorni ha raccontato di come avesse provato a convincere Riva a trasferirsi alla Juventus che voleva entrambi (l’Avvocato Agnelli aveva offerto ben un miliardo di lire solo per Riva cinquant’anni fa: Cristiano Ronaldo è costato 86 milioni di euro – 190 miliardi tradotto in lire). La risposta di Riva era stata che a Cagliari aveva amici e tutto quello di cui aveva bisogno. Inoltre, disse che un miliardo era una cifra eccessiva per un giocatore. Oggi i giocatori volano in squadre dell’Arabia Saudite in squadre che non sanno giocare al calcio coperti di milioni di euro. “Mercenari” innanzitutto, non “Uomini”, a differenza del nostro Rombo di Tuono.

La notizia per il calcio Italiano della scomparsa di uno dei suoi più grandi eroi arriva proprio nella penisola araba dove si gioca la finale di Supercoppa Italiana (anche la nostra federazione fa la mercenaria) e dove al minuto di silenzio per Gigi Riva partono i fischi dei tifosi arabi perché non parte lo spettacolo. Forse non gli avranno spiegato chi era Gigi Riva, forse non lo avranno capito, ma se fossi nel Presidente della Federazione Italiana Gioco Calcio mi dimetterei.

Da tifoso mi augurerei che nessuna partita fra squadre italiane venga disputata in Arabia dopo questa vicenda, ma so già che non accadrà. Purtroppo, un Campione, un Uomo, come Gigi Riva il calcio italiano non se lo merita più.

 

Daniele Buschiazzo